L’inizio della (dis)avventura: Berlino-Jakarta

18 Feb

All’incirca tre mesi fa guardandomi allo specchio notai un capello bianco. Non era la prima volta che ne scorgevo uno ma quel giorno la cosa mi lasciò alquanto turbata. Iniziai a pensare che quel capello fosse in realtà un messaggio che madre natura mi stava inviando, un modo per farmi riflettere e reagire di conseguenza. Il messaggio però non era chiarissimo: trovai infatti due interpretazioni completamente opposte ma altrettanto valide. Prima interpretazione:”Ormai bella mia hai quasi raggiunto la trentina…non credi sia giunta l’ora di mettere la testa a posto e iniziare a costruire qualcosa di solido? Osserva i tuoi coscritti: matrimoni e figli come se non ci fosse un domani… e tu? Ne vogliamo parlare?”. Seconda interpretazione: “Come per chiunque il tempo sta scorrendo anche per te…sfrutta al meglio ogni singolo secondo! Divertiti e vivi al massimo ora che hai tutte le possibilità per farlo! Il tempo per stare in casa con un marito e marmocchi, non ti preoccupare, arriverà anche per te!”.

Sinceramente non pensai nemmeno per un centesimo di secondo ad assecondare la prima interpretazione. Al contrario mi misi subito all’opera per dimostrare che concordavo assolutamente con la seconda. E quale miglior modo per dare prova a madre natura che avevo perfettamente recepito il messaggio, se non con un viaggio? Dopo pochi minuti dal ritrovamento di quel famigerato capello bianco avevo già deciso: parto!

È così che è iniziata l’organizzazione del mio viaggio in solitaria attraverso l’Indonesia.

Le settimane e i giorni che mi hanno separato dalla partenza sono volati ed ora mi trovo già dall’altra parte del mondo a raccontarvi questa mia avventura.

Sono partita ieri (o forse l’altro ieri? Il jet leg mi sta facendo impazzire!) con una buona dose d’ansia e agitazione. Il giorno della partenza è stato caratterizzato da due piccoli inconvenienti che spero non siano l’incipit di una sfiga che mi perseguiterà per i prossimi trenta giorni. Giusto una mezz’oretta prima di uscire di casa e recarmi all’aeroporto, mi accingo a sistemare le ultime cose in cucina. Nello spostare delle scatole da una mensola, mi scivola dalle mani un barattolo di salsa di pomodoro. Sbam! La cucina sembra la scena del delitto di un omicidio di massa. Tutto completamente rosso…vestiti compresi! Alla stazione poi, prima di prendere la metro in direzione aeroporto e dopo aver acquistato il biglietto, mi scivolano dalle mani (sì, lo so..mani di pasta frolla!!) le monete del resto. Mi piego per raccoglierle ma il mio zaino enorme e stra colmo da backpacker ufficiale mi fa perdere l’equilibrio e di conseguenza cadere. Non con poca fatica riuscirò a rialzarmi cercando di mostrare un certa nonchalance ai passanti che mi fissavano impietositi. Già che ho nominato lo zaino, ci terrei a sottolineare quanto il prepararlo sia stata una delle cose più difficili della mia intera esistenza. Se voi lo poteste vedere in questo preciso istante, credereste che mi sia praticamente portata tutti i miei averi e abbia provviste a sufficienza come minimo per i prossimi cinque anni. Sì: è enorme e pesante! Ma giuro che non ci è entrato nemmeno un terzo di quello che avevo in mente. Certo, fosse stato per me mi sarei portata una quantità di vestiti che manco alla fashion week…sono in ogni caso ora fiera nel poter affermare di aver compreso in tutto e per tutto il senso della parola “selezionare”!

20150217_170438Berlino-Istanbul. Istanbul-Singapore. Singapore-Jakarta.

Una vera e propria odissea. In realtà non ho nulla di cui lamentarmi: la Turkish airways è considerata la migliore compagnia aerea europea e io sono assolutamente concorde!

Menu che manco al ristorante, sedili ampi e comodi, regali su regali (ciabatte, calzini, lucidalabbra, mascherina…) e diecimila film, album musicali o videogames con i quali ingannare il tempo. Se vi trovate in una situazione emotiva abbastanza intensa, per esperienza personale vi consiglio però di evitare film che potrebbero suscitare in voi troppi turbamenti. L’eccessiva emozione del viaggio aggiunta all’enorme stanchezza mi hanno infatti indotto a commuovermi senza alcun ritegno alla vista di un film che tra l’altro è classificato come commedia. Giuro, non riuscivo più a fermare le lacrime.. e far capire al mio vicino di posto turco che in realtà stavo bene e che non piangevo per motivi personali, è stata un’impresa non da poco.

Per quanto riguarda i voli posso dire comunque che è filato tutto liscio come l’olio. A parte il fatto che non ero assolutamente a conoscenza del fatto che dovessi anche fare scalo a Singapore. Ma questo è giusto un piccolo dettaglio!

20150217_185107L’arrivo a Jakarta è stato come previsto agitato. Fuori dall’aeroporto code di macchine imbottigliate nel traffico, aria afosa e milioni di persone in movimento. L’hotel in cui avevo deciso di pernottare sarebbe dovuto venire a prendermi in auto. Appuntamento davanti all’entrata di un ristorante appena fuori dall’aeroporto. Arrivo al ristorante ma scopro con delusione che nessuno era in mia trepida attesa. Inizio quindi a cercare qualcuno a cui chiedere informazioni e una sorta di due ausiliari del traffico mi prendono sotto la loro ala protettiva e decidono di aiutarmi. Chiamano l’hotel per mio conto e mi riferiscono che il transfer sarà in arrivo all’incirca in una ventina di minuti. Venti minuti che saranno poi invece quaranta. Nell’attesa io e i due ausiliari del traffico diventiamo praticamente migliori amici e sono quasi triste quando vedo in lontananza l’auto dell’hotel e capisco che è arrivato il momento dei saluti. Loro mi fanno addirittura un regalo. Un piccolo sacchetto di plastica riempito con del thè ghiacciato. Rimango per un istante abbastanza basita ma poi accetto il regalo ringraziando calorosamente. E così con il mio zaino abnorme e il sacchetto con il thè (che fa tanto esame delle urine) salgo in macchina. L’ultimo piccolo viaggio prima di toccare finalmente un letto.

Di sottofondo un pezzo della versione Indonesiana di Albano e Romina Power magistralmente mixato a pezzi da discoteca e ad altri di artisti internazionali. Intanto ammiro dal finestrino questo nuovo incredibile mondo. Chiedo all’autista quanto tempo ci vuole per raggiungere l’hotel. Venti minuti. Come no.

Se c’è una singola cosa che ho già perfettamente imparato da quando ho messo il primo piede in Indonesia è che qui il tempo è assolutamente relativo…

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